Ricerche in corso
L’impatto della struttura finanziaria su crescita e redditività delle imprese
Nell’ambito delle attività dell’Osservatorio AUB, con il contributo di FSI, è stata promossa la presente ricerca con l’obiettivo di comprendere se la struttura finanziaria abbia un impatto sulle performance di medio-lungo periodo (in termini di crescita e redditività) realizzate dalle imprese italiane
La domanda di ricerca
La struttura finanziaria delle imprese rappresenta da tempo uno dei temi centrali nel dibattito sul tessuto imprenditoriale del nostro Paese e non solo. Semplificando, le imprese possono finanziare le proprie attività utilizzando capitale di rischio (equity) oppure facendo ricorso a capitale di debito. Quali fattori determinano la scelta delle fonti di finanziamento? E quali sono le conseguenze della struttura finanziaria sulla redditività delle imprese e sulla loro capacità di crescere?
Alla luce delle principali teorie sulla struttura finanziaria presenti in letteratura, il presente studio si è posto l’obiettivo di verificare se e in quale misura un maggiore utilizzo di capitale di debito al posto di equity possa in qualche misura limitare i progetti di investimento, arrivando a costituire un freno per i progetti di sviluppo delle imprese italiane. A tal fine, è stato svolto un duplice studio, indagando la relazione tra struttura dei finanziamenti e crescita e redditività: 1) su tutte le aziende dell’Osservatorio AUB; 2) sulle aziende che sono state oggetto di investimento da parte di un fondo di private equity.
È possibile scaricare qui sotto gli output della ricerca.
- L'impatto della struttura finanziaria su crescita e redditività delle imprese - presentazione
- L'impatto della struttura finanziaria su crescita e redditività delle imprese- executive summary
La reazione delle imprese quotate al COVID-19
Nell’ambito delle attività dell’Osservatorio AUB, con il contributo dell’associazione Bocconi JEME, è stata condotta una ricerca sulle azioni poste in essere dalle imprese familiari e non familiari quotate per gestire gli impatti della pandemia. L’analisi è stata svolta su un campione di 310 imprese quotate alla Borsa di Milano (escludendo banche e assicurazioni) analizzando il secondo, terzo e quarto trimestre 2020 sia tramite i primi 3 “Resoconti di gestione” pubblicati nel 2020 (al 31.03.2020, 30.06.2020 e 30.09.2020) che tramite i comunicati stampa diffusi fino al mese di dicembre 2020.
Il progetto è in corso di svolgimento, e il report integrale verrà pubblicato nel corso del 2021, ma è possibile anticipare un paio di evidenze:
- il 29% delle imprese – familiari e non familiari - dichiarava di aver già utilizzato lo smart-working come forma di lavoro prima dello scoppio della pandemia. Nel corso del 2020 le imprese che hanno dichiarato di utilizzare lo smart-working sono salite all’87%. Le imprese familiari, che partivano da una diffusione più ridotta (25%), sono giunte all’85%. Si conferma così che la forza delle imprese familiari italiane è la loro capacità di reazione, anche se in termini di organizzazione del lavoro presentano qualche ritardo. Quando sono costrette a innovare, si adattano velocemente al nuovo contesto. Ciò è dovuto in primis a catene di comando molto corte che consentono di decidere e realizzare i cambiamenti in tempi rapidi;
- circa il 30% delle imprese familiari ha effettuato atti di liberalità consistenti in donazioni monetarie. Se tale incidenza è inferiore rispetto a quella delle aziende non familiari (37%), guardando all’ammontare delle donazioni si evince come circa 2/3 delle donazioni monetarie (pari a circa 100 milioni di euro) sono state effettuate dalle aziende familiari. Si conferma che le imprese familiari cercano di impostare dei rapporti di “comunità” dove, al di là di ogni lettura ideologica, l’imprenditore cerca in ogni modo di aiutare la propria comunità, pur a fronte di contesti obiettivamente molto difficili.